mercoledì 25 novembre 2020

Marmellata di sorbo


 La deliziosa marmellata di sorbo, con mela e noci: ecco come si fa. Una ricetta russa

Raccogliete le bacche del sorbo dall’albero. Scegliete solo le bacche senza punti neri, lucide e di un bel colore arancione. Ripulitele con attenzione da gambi e peduncoli.

Lavatele bene, mettetele nell’acqua di una pentola (meglio una smaltata di ghisa) e fatele bollire per qualche tempo. Poi, lasciatele per un po’ nell’acqua calda, versate l’acqua e fatele asciugare sul tavolo. Il gusto naturale del sorbo è molto amaro e l’acqua bollente ne diminuisce l’amarezza.

Preparate dello sciroppo di zucchero (io prendo quello di canna bio) e fate lo sciroppo secondo il vostro gusto, più o meno denso.

Mettete le bacche asciutte nello sciroppo bollente, aggiungete pezzettini di mela e delle noci a volontà. Volendo si può aggiungere anche cannella o chiodi di garofano. Fate bollire il tutto per mezz'ora o un’ora (a seconda del gusto) a fuoco prima forte e, dopo aver raggiunto l’ebollizione, a fuoco lento. Lasciatela raffreddare un po’, poi mettete la marmellata in barattoli sterilizzati. Conservate nel frigo.

Ogni giorno il gusto diventa più delizioso e irresistibile. Il gusto è dolce/amaro, assomiglia un po’ alle arance amare ma è un’altra cosa.

Sorprendete la vostra famiglia!

Testo e ricetta di Olga V. Petukhova

In Trentino distillano la grappa dalle bacche.


domenica 15 novembre 2020

Le medicine di una volta


 LE MEDICINE DI UNA VOLTA

La conoscenza dei valori terapeutici delle piante è sempre stata una necessità e questa veniva tramandata da padre in figlio fin quando la chimica farmaceutica ha iniziato a riempirci di pillole (qualche volta necessarie) e unguenti. Per il raffreddore di un bambino si cucinava un mela, la polpa poi la si mescolava con poco di mandorla e la si dava da mangiare con un cucchiaino. Anche “el vin fat boier coe scorze de pon e limon, dopo te ghe dea fogo par brusar l’alcol e teo bevea caldo” (Far bollire del vino con alcune buccie di mela e limone, poi si dava fuoco per bruciare l’alcol e lo si beveva caldo), “Un pon al dì, leva el medico d’intorno” (Una mela al giorno, tiene il medico lontano). Per guarire dalle infiammazioni dovute da spine o schegge di legno si usava la resina di pino (ha un potere battericida, e una sua componente, la trementina, è emostatica). La infusione alcolica del ginepro è ottima per le vie respiratorie e urinarie. Anche la ruta ha notevoli validità terapeutiche, combatte le vertigini, le palpitazioni di cuore, i dolori intestinali e la debolezza fisica. La salvia, come la cenere e le ragnatele, erano usate per curare ferite e piaghe. “Le broche de garofano” (chiodi di garofano) servivano anche come anestetico delle carie dentarie o per rimediare l’alito cattivo. Le foglie del “pan de Kuko” (Primavera dal lat. Primula veris L.) le si mettono con il rovescio sulla ferita che ha il pus che non esce e si fascia, in poco tempo queste lo tolgono, è anche depurativa e sedativi della tosse. L’applicazione locale di foglie di piantaggine (plantèi) per le contusioni , una volta si adoperavano queste foglie anche per le mucche quando si infortunavano, aggiungo le foglie di verza bollite e messe come impacco antidolorifico... mettere sulla gamba queste foglie che poi si umidivano e toglievano il dolore e l'infiammazione a chi soffriva di sciatica e ...l'aglio per i vermi....e tante altre e siamo qui a raccontarle. Tutti questi rimedi derivavano da esperienze che i nostri antenati avevano fatto sulla propria pelle e sopratutto per una poca fiducia verso i medici: “Chi vol star san, dai dotori stae lontan” (Chi vuole stare sano, dai dottori stia lontano) e per finire “Intant che ‘l dotor pensa, l’amalà crepa” (Nel frattempo che il dottore pensa, l’ammalato muore).Lino Pizzol

domenica 8 novembre 2020

Storie di medichesse nel medioevo

 



STORIE DI MEDICHESSE NEL MEDIOEVO 

TROTULA DI SALERNO E LA COSMETICA DELLE DONNE.

In un passaggio della "Storia Ecclesiastica" di Orderico Vitale, si racconta che un noto uomo di scienza, che si trovava a visitare Salerno nell’anno 1059, riferì di non avervi trovato nessuno così erudito nell’arte della medicina quanto una certa dotta signora (sapiens matrona). Si sarà riferito a Trotula de Ruggiero, la medichessa che godette di grande fama nell’ambiente della Scuola Medica Salernitana?

 Al suo nome era associato un compendio di medicina femminile assai noto a partire dal XII secolo: il testo, in origine redatto in latino, circolava in gran parte dei paesi europei tradotto in varie lingue, tra cui l’inglese, il francese, il tedesco e l’olandese. Si tratta di un corpus composito, organizzato in tre trattati: “Il libro sulle malattie delle donne”, “I trattamenti per le donne” e “La cosmetica delle donne”.

La presenza di un testo cosmetico all'interno di una raccolta dedicata alla medicina femminile è tipica della tradizione greca, che vedeva nell’arte cosmetica una parte della medicina stessa, purché si trattasse di quella cosmesi che Galeno definiva “buona”, cioè funzionale alla salute del corpo e dello spirito. Nella “Cosmetica delle donne”, la proposta delle ricette di bellezza non dimentica nessuno dei punti fondamentali della toeletta: la depilazione, “per far sì che una donna possa diventare morbidissima e liscia e senza peli dalla testa ai piedi”; la cura dei capelli, a cui viene dedicata un’attenzione accuratissima che parte dalla pulizia attraverso shampoo detergenti per arrivare alla colorazione e alla profumazione della chioma. Infine la cura del viso, che passa dalla preparazione di detergenti, polveri sbiancanti, unguenti per raffinare la pelle. Ecco due ricette tratte dal ricettario di Trotula: un unguento depilatorio e un’acqua per profumare i capelli:

UN UNGUENTO PER NOBILI DONNE CHE RIMUOVE I PELI, RAFFINA LA PELLE E TOGLIE VIA LE MACCHIE.

Prendi il succo di foglie di cocomero asinino e latte di mandorla; assieme a queste sostanze poste in un recipiente, mescola dolcemente calce viva e orpimento. In seguito [aggiungi] galbano tritato mescolato con una piccola dose di vino per un giorno e una notte, e cuocilo assieme a questo. Una volta che sia stato cotto a puntino, dovrai rimuovere la sostanza del galbano e versarvi un poco di olio o di vino e la calce viva. Avendo preparato il decotto, dovrai rimuoverlo dal fuoco e aggiungere un trito delle seguenti erbe. Prendi ugual misura di mastice, incenso, cannella, noce moscata, chiodi di garofano. Questo unguento ha un profumo aromatico ed è delicato nell’ammorbidire [la pelle]. Le nobili donne salernitane sono solite far uso di questo depilatorio.

QUANDO PETTINERA’ I CAPELLI, FA IN MODO CHE ABBIA QUESTA POLVERE.

Prendi rose secche, chiodi di garofano, noce moscata, crescione d’acqua e galanga maggiore. Lascia che tutti questi, una volta ridotti in polvere, vengano mescolati con acqua di rose. Con quest’acqua vi spruzzi i capelli e li pettini con un pettine imbevuto nella stessa acqua, così che avranno un profumo migliore. E falle fare delle scriminature tra i capelli e che vi sparga la polvere summenzionata, e profumerà mirabilmente.

Daniele Dalla Valle. Fonte : da Erika Maderna, “Medichesse, la vocazione femminile alla cura”,